Inquinamento da particolato fine nell’area padana

Periodicamente il bacino padano è interessato da alti valori di inquinamento atmosferico che, in ragione del perdurare e dell’intensità del fenomeno, possono superare i vincoli legislativi in materia di qualità dell’aria e determinare situazioni di forte degrado, dannose per la salute pubblica.

La causa del fenomeno è determinata dalla concomitanza di due fattori: una forte concentrazione di attività antropiche e la presenza di un’area che, per condizioni orografiche e meteorologiche, favorisce il ristagno degli inquinanti stessi. L’impatto antropico si manifesta principalmente nell’uso intensivo di combustibili fossili, la cui combustione determina l’emissione in atmosfera di macro e micro inquinanti, e nelle attività agricole e zootecniche che causano emissioni molto intense di ammoniaca, importante precursore delle polveri sottili.

Altri fattori negativi sono la debole velocità media del vento, tra le più basse d’Europa, in media inferiore a 1,5 m/s e le frequenti condizioni di inversione termica, principalmente invernali, che determinano un ristagno degli inquinanti emessi al suolo.

Gli studi dell’ambito padano fanno riferimento a un territorio esteso - Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia ed Emilia-Romagna - dove vive circa il 40% della popolazione italiana (oltre 26 milioni di persone), distribuita principalmente nelle aree di pianura e nei fondovalle. La densità abitativa di oltre 1.500 abitanti per km2, che salgono a oltre 3.600 per l’area di Milano. Valori molto alti se confrontati, ad esempio, con la densità di Roma capitale che si attesta a 812 abitanti/km2.

L’impatto sulla salute, è determinato dalle alte concentrazioni di polveri sottili, generalmente espresse come PM10 e PM2.5[1] che costituiscono, ad oggi, il composto più pericoloso per la salute.

Secondo dati EEA la quota di popolazione Europea, che vive in aree urbane, esposta a livelli di concentrazione di PM10 superiori agli standard di legge[2] è pari al 20-30%, frazione rimasta sostanzialmente costante negli ultimi 10 anni (EEA, 2014).

RSE da tempo svolge attività di ricerca sul tema della qualità dell’aria e collabora con la comunità scientifica internazionale (ad esempio con JRC nell’ambito dell’iniziativa FAIRMODE - Forum Europeo della modellistica atmosferica http://fairmode.jrc.ec.europa.eu) e ha sviluppato una profonda conoscenza delle diverse problematiche dell’inquinamento atmosferico. I prodotti di questa attività di ricerca sono strumenti sperimentali e modellistici, che utilizzano codici di calcolo in grado di ricostruire i processi chimico-fisici che sottendono allo sviluppo delle concentrazioni in atmosfera di composti nocivi, in grado di descrivere e interpretare i fenomeni e di fornire un valido supporto nell’implementazione di azioni di risanamento.

Ciò che emerge da questi studi è la diretta responsabilità di alcune importanti fonti emissive: settore residenziale, trasporti e agricoltura.

Il settore civile è responsabile di circa il 40% del totale dei consumi energetici finali nazionali[3] con una tendenza a crescere. Nel periodo 1990-2015 ha registrato un tasso di crescita annuo di 1,4%. Circa il 75% dei consumi del settore sono legati alla climatizzazione, è intuitivo, quindi, comprendere l’entità delle emissioni che si concentrano sul bacino. Il parco edilizio è inoltre caratterizzato da edifici con oltre mezzo secolo di vita[4] quindi di bassa qualità energetica.

In ragione della significativa vocazione produttiva del territorio – che vale più della metà del PIL nazionale – il bacino padano è caratterizzato anche da una grande mobilità di persone e merci. Attualmente circa l’80% della mobilità delle persone[5] avviene con trasporti individuali su veicoli di età media alta - 8/10 anni[6] - e coefficiente di occupazione medio 1,2 persone/auto[7].

Sull’area metropolitana milanese viene stimato per un giorno feriale un numero di spostamenti pari a circa 7,5 milioni, 55 milioni di passeggeri-km, 34 milioni di vetture-km, pari a circa 3 milioni di ore di viaggio[8]. Anche il trasporto merci incide su questi dati visto che oltre il 50% del volume delle merci trasportate avviene su gomma/strada.

Le possibili soluzioni al problema, in un sistema così complesso, non possono che basarsi su tre elementi cardine: l’interazione fra infrastrutture e tecnologie, azioni svolte su aree estese del territorio, l’introduzione di norme e comportamenti più stringenti. Il percorso per rendere l’area padana più efficiente e meno inquinata, richiede dunque che tutti questi fattori confluiscano in una visione unica e condivisa del cambiamento necessario.

Per altro i processi e le normative già attuate stanno portando, se non alla soluzione definitiva del problema, a una serie di effetti positivi, seppur non risolutivi.

I vincoli imposti dalla normativa vigente hanno consentito nel caso del particolato atmosferico, il composto più dannoso, una diminuzione complessiva a livello europeo del 20 % circa fra il 2000 ed il 2010 (COM, 2013).

Nel periodo 2000-2015, le emissioni complessive in area EU-28 di PM10 e PM2.5 sono diminuite del 25% circa (EEA, 2017). Analogamente, nello stesso periodo, si è osservata una riduzione delle emissioni di tutti i principali precursori gassosi; in particolare le emissioni di ossidi di zolfo sono scese di oltre il 60%, gli ossidi d’azoto del 40%, i composti organici volatili (COV) del 35%, mentre l’ammoniaca è rimasta sostanzialmente invariata.

Può essere interessante osservare che il decremento delle emissioni non ha riguardato tutti i settori di attività in modo omogeneo. Ad esempio le emissioni di particolato primario da combustione nei settori residenziale, commerciale e pubblico sono aumentate di oltre il 10%, nel decennio 2003-2012 [EAA 2017].

Fatto salvo dunque che la soluzione del problema debba passare attraverso la governance integrata dei vari aspetti, RSE, sulla base della propria conoscenza ed esperienza, ha individuato una serie di proposte di interventi.

  1. Ridurre i consumi per la climatizzazione delle abitazioni e utilizzare sistemi di produzione del caldo/freddo efficienti e ambientalmente sostenibili.

Come accennato, il settore “combustione per uso residenziale e commerciale” costituisce una delle categorie emissive più rilevanti in termini d’impatto. Se consideriamo a titolo di esempio la città di Milano, il settore causa poco meno del 30% della concentrazione media annua di PM2.5 (Figura 1.a). Per limitare l’impatto occorre agire su tre fattori: ridurre il fabbisogno per la climatizzazione attraverso interventi strutturali in grado di migliorare le prestazioni degli edifici, rendere i sistemi di produzione calore più efficienti e meno inquinanti e promuovere negli utenti una maggiore consapevolezza sull’uso dell’energia, riducendo, di fatto gli sprechi.

Relativamente al tema della produzione di calore, uno degli aspetti maggiormente critici è costituito dal fatto che la quota maggioritaria delle emissioni del settore è dovuta alla combustione delle biomasse. Risulta infatti che stufe e camini presenti nell’intera Regione Lombardia, Milano esclusa, hanno un impatto sulle concentrazioni di PM2.5, registrate in città, maggiore di quello dovuto alle caldaie non a biomassa della città stessa. Come risulta dall’indagine Istat sui consumi energetici, più di una famiglia su cinque in Italia fa uso di legna per scopi energetici con un consumo totale di 3,2 tonnellate in media all’anno. Solo il 4,1% utilizza pellets.

Un intervento, anche incentivato, di sostituzione di impianti domestici a biomassa con sistemi come le pompe di calore potrebbe quindi risultare efficace per la diminuzione delle emissioni di particolato.

Il secondo intervento da attuare per contribuire al miglioramento della qualità dell’aria è l’efficientamento energetico degli edifici. Secondo gli studi di RSE circa sul 60% del parco residenziale esistente è possibile mettere in atto misure di efficienza energetica – con tempi di ritorno degli investimenti pari o inferiori a 15 anni - che porterebbero a una riduzione del 33% degli attuali consumi per riscaldamento e acqua calda sanitaria. Sfruttando inoltre le cosiddette “finestre d’opportunità”, ossia la concomitanza di interventi edili e di efficientamento e i benefici economici degli incentivi previsti, i tempi di ritorno degli investimenti si potrebbero ridurre entro i 10 anni.

Infine, oltre agli interventi strutturali, sarebbe utile agire sul tema della consapevolezza degli utenti, favorendo un uso più consapevole dell’energia ed eliminando “gli sprechi”. Pratiche che, come evidenziati dai risultati di progetti di ricerca in ambito europeo, possono conseguire obiettivi di risparmio sino al 5%[9].

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Figura 1a

 

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Figura 1b - Contributo delle principali categorie emissive alla concentrazione media annua di PM2.5 stimata in corrispondenza di alcuni recettori significativi della pianura padana. La figura 1a si riferisce a tutte le principali sorgenti antropiche, mentre la figura 1.b dettaglia il solo contributo del trasporto su strada.

 

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Figura 2a - Consumi specifici medi per riscaldamento degli edifici residenziali raggruppati per epoca di costruzione.

 

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Figura 2b - La tabella indica la ripartizione al 2011 per vetustà del numero di edifici, abitazioni e abitazioni stabilmente occupate da persone residenti.

  1. Favorire una mobilità più sostenibile.

Il secondo ambito su cui intervenire è quello dei trasporti. L’intero comparto “trasporto su auto” privato contribuisce per il 14% delle concentrazioni di PM2.5 medie annue nella città di Milano (Figura 1b) ed è determinato sia da emissioni dirette, sia dalla trasformazione dei precursori gassosi, sempre emessi dai veicoli. L’8% di questo dato è provocato dalle auto in circolazione a Milano. Il resto, 6%, da contributi che si generano fuori dalla città e che ricadono sull’ambito urbano: 2% da auto che circolano in Provincia di Milano, 3% da auto che circolano nel resto della Lombardia, 1% o poco più, dalle auto che circolano fuori Lombardia.

Ciò significa che riduzioni anche drastiche del trasporto su auto, ma circoscritte alla sola area urbana di Milano (estensione AREA C, limitazioni veicoli diesel) porterebbero a una discesa della concentrazione media di annua di PM2.5 limitata a pochi punti percentuali.

Considerazioni analoghe a Milano si possono esprimere per altre città della Pianura Padana come Torino o Brescia mentre a Bologna, il ruolo del comparto auto è più attenuato e si riscontrano maggiori contributi anche da altre fonti come il comparto industriale.

A questi dati occorre aggiungere anche il trasporto pubblico e quello delle merci che per la città di Milano hanno un ruolo analogo a quello delle auto private (13% circa, Figura 1b). Complessivamente, quindi, il trasporto su strada è responsabile per circa il 30% delle concentrazioni medie annue di inquinanti (Figura 1a). Occorre evidentemente orientarsi verso soluzioni che privilegino il trasporto collettivo e le forme meno inquinanti di mobilità.

Relativamente al trasporto individuale le misure da sviluppare, oltre all’auspicato obiettivo di favorire la transizione verso mezzi più efficienti e con alimentazioni diverse da quelle tradizionali quali il vettore elettrico, devono incoraggiare il trasporto individuale in sharing, in modo da favorire ed accrescere il coefficiente di occupazione dei mezzi e di ridurre il numero di vetture circolanti.

Per valutare l’effetto che tali azioni potrebbero determinare, RSE, ha valutato, sull’area metropolitana di Milano, l’impatto di misure di mobilità sostenibile. Sono stati presi in considerazione 5 scenari per favorire la mobilità collettiva e 5 scenari definiti “bastone/carota” finalizzati a limitare l’uso di mobilità poco sostenibili. Ne è emersa una sorta di ranking sulla base di più criteri: trasportistici (tempo di viaggio, velocità media, percorrenza) economici (costo attualizzato investimento e gestione) energetici (consumo di combustibili fossili, energia elettrica) e ambientali (CO2, emissioni PM equivalente).

In merito all’ipotesi di promuovere un significativo rinnovo del parco veicolare, (sostituzione del parco autovetture circolante, con una quota di elettricità pari al 20% e con una quota di ibrido o gpl/metano pari al 20% e per il restante 60% da sostituzione da motorizzazioni meno recenti a veicoli con categorie Euro maggiormente ecosostenibili RSE, nell’ambito dell’area di indagine, stima che vi sarebbe una riduzione dei consumi di combustibile fossile (21%), un aumento dei consumi elettrici (33%), una riduzione delle emissioni di CO2 (21%) e di PM25 equivalente (26%) (Figura 3)

Tale misura, tuttavia, non produrrebbe alcuna variazione sul tema trasportistico. Viceversa, sarebbe auspicabile integrare tali interventi di sostituzione con politiche di sharing.

Al tal proposito RSE ha simulato un modello di ride sharing sull’area di Milano che porterebbe all’aumento del coefficiente di occupazione dell’auto dall’attuale 1,2 a 1,5. Si otterrebbe così la riduzione giornaliera di 670.000 spostamenti in auto con un risparmio energetico derivante di 100.000 tep annue e un risparmio ambientale di 300.000 t di CO2.

 

3

Figura 3 - Effetto delle tre “policy” valutate nello studio svolto da RSE sulla città di Milano sui principali indicatori. Le policy sono AUTO - rinnovo del parco auto TPL - promozione del TPL mediante la realizzazione di nuovo infrastrutture RIDE SHARING - sviluppo di una tecnologia di ride sharing. Per contro i benefici sono Ore sottratte agli spostamenti - Conversione da trasporto individuale a collettivo - Impiego di energia fossile - Impiego di elettricità - Variazione di CO2 - Variazione di PM2,5.

 

Il secondo punto da sviluppare è quello di favorire il trasporto collettivo in sostituzione di quello individuale, che costituisce circa l’80% dell’attuale modalità di trasporto.

Secondo tale studio il potenziamento delle infrastrutture di Trasporto Pubblico Locale (TPL)  nella città di Milano (modellizzata come la velocizzazione delle linee filoviarie e tranviarie, con l'aggiunta di 5 nuove linee di tram, l'inserimento dei prolungamenti delle linee metropolitane, l'inserimento di 2 nuove linee Metro, l'inserimento di nuove fermate ferroviarie con l'incremento delle frequenze dei treni e l'abbattimento delle tariffe TPL), avrebbe l’effetto di  incrementare di quasi il 14% la quota modale di trasporto condiviso sottraendola principalmente al modo individuale e di ridurre  di circa il 4% le ore giorno spese per la mobilità.

Anche dal punto di vista energetico ed ambientale i benefici sarebbero positivi: riduzione di circa il 20% gli attuali consumi energetici, a compensazione dell’aumento di circa il 30% dei consumi elettrici, riduzione del 20% della CO2 e del 20% le emissioni di PM2,5 equivalente.

Gli interventi infrastrutturali a carico delle casse pubbliche, sconterebbe tuttavia costi elevati, pari a circa 1 miliardo anno.  Si tratta quindi di misure che andrebbero inserite in una programmazione a lungo termine.

Complessivamente dunque, appare chiaro che la soluzione del problema ambientale debba necessariamente passare, oltre che da politiche di investimento nelle tecnologie e nelle infrastrutture, soprattutto da una discontinuità culturale. La sfida sarà quella di perseguire un approccio alla mobilità che sappia garantire ed accrescere l’accessibilità delle aree urbane, elemento cruciale per promuovere lo sviluppo del territorio e, al contempo, minimizzare le esternalità negative prodotte da uno sviluppo squilibrato dei sistemi di trasporto.

Bibliografia

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EEA 2017. Air quality in Europe. Report No 13/2017.

  1. G. Pirovano, A. Balzarini, A. Toppetti, A. Amicarelli, G. Riva, N. Pepe e A. Meroni, «Qualità dell’aria nelle aree urbane: valutazione preliminare del ruolo di politiche di gestione del trasporto su strada,» RSE, Ricerca di Sistema, 16002407, 2016
  1. G. Pirovano, N. Pepe e M. Riva, «Impatto sulla qualità dell'aria della diffusione dei veicoli elettrici,» RSE, Ricerca di Sistema, 15000745, 2015.
  1. G. Pirovano, A. Balzarini, G. Riva e A. Toppetti, «Impatto sulla qualità dell'aria di interventi di efficienza energetica,» RSE, Ricerca di Sistema, 15000640, 2015

Balzarini A., Pirovano G, Riva G.M., Toppetti A.M., 2012. Valutazione dell’impatto sulla qualità dell’aria della diffusione dei veicoli PEV/PHEV, Rapporto RSE n° 12001019

Martignon G., Casarotti D., Riva G.M., Pirovano G., 2012. Sostenibilità dell’impiego energetico delle biomasse: criteri, norme e linee guida per la sua valutazione, studi su aree campione, scenari di penetrazione in aree territoriali omogenee. Rapporto RSE n° 12000891

  1. A. Meroni, G. Pirovano, S. Gilardoni, G. Lonati, C. Colombi, V. Gianelle, M. Paglione, V. Poluzzi, G.M. Riva, A. Toppetti, Investigating the role of chemical and physical processes on organic aerosol modelling with CAMx in the Po Valley during a winter episode, In Atmospheric Environment, Volume 171, 2017, Pages 126-142, ISSN 1352-2310, https://doi.org/10.1016/j.atmosenv.2017.10.004.
  1. N. Pepe, G. Pirovano, G. Lonati, A. Balzarini, A. Toppetti, G.M. Riva, M. Bedogni, Development and application of a high resolution hybrid modelling system for the evaluation of urban air quality, In Atmospheric Environment, Volume 141, 2016, Pages 297-311.
  1. G. Pirovano, C. Colombi, A. Balzarini, G.M. Riva, V. Gianelle, G. Lonati. PM2.5 source apportionment in Lombardy (Italy): comparison of receptor and chemistry-transport modelling results. Atmospheric Environment 106 (2015) 56-70
  1. D. Pernigotti, P. Thunis, C. Cuvelier, E. Georgieva, A. Gsella, A. De Meij, G. Pirovano, A. Balzarini, G. M. Riva, C. Carnevale, E. Pisoni, M. Volta, B. Bessagnet, A. Kerschbaumer, P. Viaene, K. De Ridder, A. Nyiri, P. Wind, 2013. POMI: a model inter-comparison exercise over the Po Valley. Air Qual Atmos Health. DOI 10.1007/s11869-013-0211-1.
  1. M. Bedogni, G. Pirovano, 2011. Source apportionment technique: inorganic aerosol transformation processes in the Milan area. Int. J. Environment and Pollution, Vol. 47, Nos. 1/2/3/4, 2011.
  1. G. Lonati, G. Pirovano , G. Sghirlanzoni, A. Zanoni, 2010. Speciated fine particulate matter in Northern Italy: A whole year chimical and transport modelling reconstruction. Atmospheric Research 95, 496–514.

 

[1] Frazione di particolato atmosferico con diametro aerodinamico inferiore, rispettivamente a 10 e 2.5 mm.

[2] Concentrazione media giornaliera superiore a 50 mg/m3 non più di 35 giorni l’anno.

[3] Dato Eurostat/Bilancio Energetici Nazionale

[4] RSEView: “Edifici Energeticamente efficienti: un’opportunità”

[5] RSE Colloquia: “Elementi per una road map sostenibile”

[6]  ANFIA

[7] Conto Nazionale dei Trasporti

[8] RSE: Efficient and energy saving scenarios in urban passengers mobility: results and outcomes from the Milan test case

[9] S3C [2] (Smart consumer Smart Customer Smart citizen), NATCONSUMERS [3] (NATural Language Energy for Promoting CONSUMER Sustainable Behaviour), “ASSIST”