V i sono ormai pochi dubbi che nella mobilità del futuro i veicoli a trazione elettrica rivestiranno un ruolo assai rilevante, se non predominante. Le sempre più stringenti norme ambientali, sia a livello globale che locale, i piani di investimento in tale settore da parte delle principali case automobilistiche, le politiche industriali di paesi quali la Cina, insieme con i tassi di crescita del mercato (Figura 1), confermano tale previsione. L’elettrificazione dei trasporti, inoltre, rappresenta l’opzione più agevole per poter aumentare la penetrazione delle fonti rinnovabili in questo settore.

 

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Figura 1: Vendite mondiali di veicoli elettrici puri ed ibridi plug-in (fonte: EV Volumes.com).

 

Le prospettive di crescita devono tuttavia fare i conti con i due aspetti più critici che caratterizzano la mobilità elettrica:

  • costi e prestazioni delle batterie,
  • infrastruttura di ricarica ed impatto sul sistema elettrico.

Per quanto riguarda le batterie, tra il 2010 e il 2017 i costi sono crollati da 1000 $/kWh a circa 200 $/kWh e, grazie alle economie di scala e ai rapidi sviluppi tecnologici in corso, sono attesi scendere sotto i 100 $/kWh nell’arco del prossimo decennio (si veda lo studio RSE[a]).

Per quanto concerne l’infrauttura di ricarica, essa si sta progressivamente diffondendo nei paesi più avanzati, con la tendenza a disporre di stazioni di ricarica caratterizzate da potenze sempre più elevate (attualmente fino a 350 kW[1]), in grado di supportare ricariche rapide per far fronte alla crescente capacità delle batterie installate sui veicoli.

In questo quadro, anche sulla stampa generalista, periodicamente escono notizie allarmistiche circa l’insostenibile impatto che una massiva elettrificazione del trasporto avrebbe sulla capacità delle reti elettriche di distribuzione di sostenere i flussi di potenza necessari alla ricarica.

È veramente questo un aspetto così critico come alcuni lo dipingono, o si tratta di un mito da sfatare?

Certo, se i circa 38 milioni di autovetture circolanti in Italia diventassero improvvisamente tutte elettriche e, tutte assieme, si mettessero a ricaricare a 350 kW, il sistema elettrico collasserebbe. Ma quanto è realistico questo scenario così “apocalittico”? Molto poco …

In generale, va tenuto conto del fatto che l’impatto maggiore della ricarica di auto elettriche è atteso nelle zone urbane ad alta densità abitativa, dove anche la densità delle auto è maggiore. In linea di principio, l’impatto potrebbe essere significativo anche nelle zone rurali, caratterizzate da reti di distribuzione più deboli di quelle urbane. Il caso rurale risulta tuttavia meno interessante di quello urbano, sia per la minore densità di auto, sia per le più elevate percorrenze medie che caratterizzano gli abitanti di tali zone, che li spingerebbero a un utilizzo maggiore delle stazioni di ricarica veloce (si veda nel seguito) localizzate lungo i principali assi di traffico, in alternativa alla ricarica domestica.

Occorre, inoltre, considerare che un’auto elettrica, o meglio la sua batteria, è un perfetto esempio di carico flessibile: infatti, le modalità attuali tipiche di utilizzo delle auto in ambito urbano fanno sì che per il 90-95% del tempo esse siano ferme, e quindi disponibili per una ricarica. Secondariamente, le percorrenze giornaliere medie delle auto sono piuttosto ridotte, dell’ordine al più di qualche decina[2] di km, il che corrisponde a un consumo di qualche kWh al giorno.

Dunque, le reali esigenze di ricarica di una tipica auto sono quantificabili in pochi kWh che è possibile distribuire su quasi tutto l’arco della giornata.

Va evidenziato, inoltre, un terzo aspetto, e cioè il fatto che le reti di distribuzione attuali sono significativamente “sottoutilizzate” rispetto alla loro capacità massima di erogazione di potenza. Esse sono infatti dimensionate per soddisfare con adeguato margine il picco di carico, che solitamente si osserva per poche ore durante l’anno.

In particolare, lo studio [b] ha analizzato due reti di distribuzione tedesche e la rete francese, calcolando a livello annuale, nel giorno di picco di carico ed in un tipico giorno estivo il “tasso di utilizzazione” (Utilisation Rate) della rete, ossia il rapporto tra il flusso di potenza medio nel periodo considerato e il flusso di potenza massimo ammissibile dalla rete. Peraltro, non essendo noto tale valore massimo, gli autori hanno conservativamente assunto che esso sia uguale al picco massimo di potenza assorbita nell’arco dell’anno, molto probabilmente quindi sottostimando le potenzialità reali delle reti considerate.

Ciononostante, lo studio mostra che le reti in oggetto dispongono di ampia capienza per ospitare flussi aggiuntivi di potenza, se opportunamente posizionati temporalmente, legati alla ricarica dei veicoli elettrici. Ad esempio, il tasso di utilizzazione in media annua di tali reti risulta dell’ordine del 60-70%. Ciò implicherebbe una limitata necessità di investimenti aggiuntivi dedicati al rinforzo della rete.

 

Approccio bottom-up: dallo scenario all’impatto sulla rete

La situazione non è diversa sulle reti di distribuzione italiane:  ad esempio, calcolando su un arco temporale annuale i valori massimi e medi in ciascuna delle 24 ore del giorno della potenza erogata, espressi come percentuale della potenza del trasformatore di una cabina secondaria[3] della città di Milano, si nota come il carico medio supera di poco il 30% della potenza del trasformatore nelle prime ore della sera, mentre le punte massime non raggiungono il 60%.

Per sfruttare al meglio la capacità disponibile delle reti di distribuzione, occorre quindi “indurre”, per quanto possibile, l’effettuazione delle ricariche nelle ore in cui le reti stesse sono meno utilizzate. Il modo più semplice consiste nel fornire ai consumatori segnali di prezzo dell’energia prelevata variabili in funzione del tempo (dynamic pricing: si veda [c]), passando dalle tariffe cosiddette time-of-use (caratterizzate da prezzi diversi in gruppi di ore prefissati, per es. giorno/notte/festivi, picco/fuori picco ecc.), alle tariffe critical peak pricing (in cui si applicano prezzi estremamente elevati nei momenti di picco di carico), fino alle tariffe di tipo real time pricing, in cui il prezzo varia ora per ora, in funzione delle condizioni attuali del sistema.

Occorre peraltro considerare che i suddetti segnali di prezzo sulla sola “componente energia” della bolletta riflettono criticità relative all’equilibrio domanda/offerta dell’intero sistema elettrico, che non sempre coincidono con le criticità a livello locale che una rete di distribuzione si trova ad affrontare. Gli autori dello studio [b], quindi, si spingono a proporre di avere non solo prezzi variabili nel tempo della “componente energia”, ma anche della componente tariffaria a remunerazione dei costi di rete, con una dinamica legata specificamente alle criticità “locali”.

È tuttavia necessario evitare che segnali di prezzo uguali per tutti portino ad una concentrazione delle ricariche nello stesso momento, generando quindi nuovi picchi di carico anche nelle ore precedentemente fuori picco. A questo riguardo, lo studio [d] suggerisce la stipula tra distributore e consumatore di contratti “a capacità variabile”, secondo cui la potenza disponibile all’utente può essere modulata dal distributore in funzione delle condizioni di carico della rete. Il controllo del carico dell’utente può anche da esso essere delegato ad un “aggregatore”, soggetto che appunto aggrega la flessibilità nei consumi di molteplici utenti, allo scopo di fornire servizi al distributore, nonché al gestore della rete di trasmissione.

È evidente come l’invio di segnali di prezzo ai consumatori “in fase” con le criticità globali e locali, nonché di comandi finalizzati al controllo diretto dei carichi, richieda un’evoluzione delle reti in ottica sempre più “smart”, mentre la capacità dei consumatori stessi di rispondere in maniera adeguata a tali segnali necessiti di adeguati sistemi di automazione (nonché di adeguati modelli regolatori e di mercato in grado di veicolare efficacemente i suddetti segnali nell’ambito dei contratti relativi ai “servizi di ricarica”).

RSE, nello studio [e], traguardando uno scenario al 2030, ha individuato due esempi di profili di ricarica[4], sulla base di considerazioni relative alla disponibilità di postazioni di ricarica notturna (per es. in box, posti auto condominiali, parcheggi privati ecc.) e di dati orari sugli spostamenti delle auto nell’area di Milano, mostrati in Figura 2. Questo esempio è rappresentativo delle aree urbane compatte, dove giornalmente sono richiesti spostamenti piuttosto limitati. In particolare, il Profilo 1, di tipo “smart”, spalma in maniera uniforme su tutte le ore della sera/notte l’energia necessaria alla ricarica in tali ore, a differenza del Profilo 2 nel quale, in maniera non controllata, si verificano picchi serali non appena, al rientro a casa dei proprietari, le auto vengono connesse alla rete per la ricarica.

 

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Figura 2: Profili di ricarica “smart” (profilo 1) e non controllato (profilo 2)  (fonte:[5]).

 

Prendiamo quindi ad esempio la cabina secondaria della città di Milano citata in precedenza, caratterizzata da una potenza del trasformatore di 400 kVA e che alimenta in bassa tensione 389 utenze monofase (che assumiamo essere utenze residenziali, a ciascuna delle quali corrisponda una famiglia) e 12 utenze trifase.

Sulla base di dati di fonte ACI e Comune di Milano, nel 2016 nel medesimo comune vi erano circa 0,945 auto per famiglia: alle 389 utenze monofase di cui sopra corrisponderebbero quindi 368 auto. Assumendo inoltre un’auto per ciascuna utenza trifase, risulterebbero 380 auto nell’area servita dalla cabina.

Facendo l’ipotesi estrema che tutte tali auto diventino improvvisamente elettriche, che abbiano un consumo specifico di circa 150 Wh/km e che tutte ricarichino nell’area servita dalla cabina in oggetto con i profili di cui alla Figura 4, quale sarebbe l’impatto sui flussi di potenza?

Per valutare l’energia necessaria alla ricarica, occorre ipotizzare la percorrenza media giornaliera di tali auto: uno studio effettuato da RSE sull’area metropolitana di Milano, costituita dalla città e dai 39 comuni di prima e seconda cintura che ne costituiscono l’hinterland (estensione area di 630 km2, abitanti 2,5 milioni, 4000 km di strade e densità di 4000 abitanti/km2) ha stimato un valore medio pari a 17 km/giorno. Assumendo inoltre perdite sulla rete di distribuzione pari al 5%, le 380 auto considerate necessiterebbero in tal caso di circa 1 MWh di energia al giorno.

Distribuendo tale quantità di energia sulle varie ore del giorno con le percentuali di Figura 2, risulta che, anche nel caso peggiore delle ore in cui la cabina vede i consumi più elevati, si resta significativamente distanti (da un minimo di circa il 30% ad un massimo di circa l’80% nelle ore serali) dal carico massimo del trasformatore anche con il profilo 2 “non controllato”. Con il profilo 1 “smart”, sempre nei rari casi dei consumi di picco, il carico massimo del trasformatore si raggiungerebbe ipotizzando una percorrenza media delle auto pari a 48 km/giorno, quasi il triplo dei 17 km/giorno stimati.

 

Approccio top-down: dalla rete al numero di veicoli

Nel paragrafo precedente abbiamo visto come, partendo dal numero di auto di un certo quartiere, si può stimare l’impatto sulla rete elettrica; un approccio speculare parte invece dalla rete, per vedere quante auto possono essere ricaricate (la cosiddetta “hosting capacity”).

Per questo secondo problema si può citare come esempio lo studio condotto da RSE in collaborazione con Unareti/A2A [f], al fine di valutare l’impatto sulle reti in bassa tensione di Milano derivante dalla ricarica “lenta” di veicoli elettrici presso le utenze domestiche con normale contratto da 3-6 kW. 

RSE ha calcolato il margine di potenza disponibile nelle varie ore, dato dal confronto tra la somma dei profili di carico (in assenza di EV) e il limite tecnico della porzione di rete considerata. Il numero di auto, in sintesi, è stimato dividendo questo margine per la potenza di ricarica.

L’analisi condotta sulle reti sottese ad alcune decine di cabine secondarie ha confermato quanto visto prima: nella modalità di ricarica lenta non controllata, i trasformatori MT/BT della città di Milano appaiono mediamente adeguati ad accogliere le auto elettriche che ci si aspetta possano essere ricaricate nei parcheggi e ricoveri privati. Gli elementi più limitanti potrebbero invece essere i tratti delle dorsali in uscita dalle cabine MT/BT, per loro natura più carichi. Anche questo studio ha confermato, a parità di infrastruttura e vincoli di esercizio, che la modulazione della potenza di ricarica incrementa significativamente il numero di veicoli elettrici ricaricabili presso le utenze BT (da decine a, potenzialmente, centinaia di veicoli sotto ciascuna cabina secondaria). La conoscenza del numero di EV che possono essere ricaricati su una porzione di rete in modalità “smart” permette inoltre di valutare la diffusione di EV oltre la quale anche il più sofisticato sistema di controllo risulterebbe inefficace, richiedendo pertanto un potenziamento della rete.

 

Dall’abitazione al “distributore”: la ricarica veloce

Il tempo necessario e la disponibilità di un punto privato di ricarica rappresentano delle indubbie barriere alla diffusione dei veicoli elettrici. Per ovviare alla “ansia da ricarica”, gli utilizzatori di EV devono poter contare su una rete capillare di punti dove rabboccare l’energia necessaria a completare il percorso (in questo caso, la ricarica “smart” è poco plausibile). Per diminuire il tempo necessario occorre aumentare la potenza di ricarica da pochi kW a potenzialmente centinaia di kW - passando pertanto a colonnine di ricarica veloce, tipicamente in corrente continua, allacciate alla Media Tensione (MT). Nello studio RSE-a2a [g] è stata considerata l’ipotesi di uno scenario al 2030 nella quale tutti i distributori di carburanti presenti nell’area di Milano vengono convertiti in distributori “ibridi”, ossia dotati anche di una colonnina per la ricarica veloce di potenza pari ad almeno 50 kW. Occorre evidenziare che, per sua natura, la ricarica veloce avviene prevalentemente nelle ore diurne, andando quindi a sommarsi a un carico normalmente significativo, tuttavia potenzialmente “smorzato” dalla eventuale presenza di generazione distribuita fotovoltaica.

La rete MT di Milano è dimensionata al fine di consentire, in caso di guasto di una linea, la controalimentazione degli utenti da altre porzioni di rete; per questo motivo in fase di pianificazione viene considerato un fattore di utilizzo inferiore al 50% (così da poter “ospitare” anche i clienti utenti della vicina linea guasta). Data questa situazione, non stupisce che le analisi condotte abbiano mostrato che l’aggiunta del carico legato ai distributori ibridi non comporterebbe criticità generalizzate, bensì abbassamenti localizzati di tensione di alcune linee MT in particolari condizioni di esercizio.

 

Non solo i veicoli privati: il Trasporto Pubblico Locale

Diverse aziende municipalizzate di trasporto pubblico locale hanno indicato, nei propri piani di sviluppo, l’interesse verso una progressiva elettrificazione della flotta su gomma. Nel caso di Milano, per esempio, i comunicati ufficiali riportano che i nuovi veicoli acquisiti dal 2020 saranno tutti a trazione elettrica, arrivando nel 2030 a una flotta di 1200 bus elettrici, assieme alla conversione di 8 depositi esistenti e alla costruzione di altri 3 ex-novo. Questa tipologia di veicoli, equipaggiati con batterie da circa 240 kWh, vengono in maggior parte ricaricati durante la notte tramite colonnine di ricarica da 80-100 kW; la potenza impegnata complessivamente in un deposito bus può quindi raggiungere diversi MW, persino nell’ipotesi di spalmare l’energia richiesta lungo tutta la sosta notturna. Non è da escludere, inoltre, la necessità di “rabboccare” le batterie del bus al capolinea, anche per esigenze di climatizzazione dei mezzi.

Questo livello di potenze potrebbe richiedere di adeguare la rete MT e, nell’ipotesi di completa elettrificazione del trasporto pubblico, di rivedere parte dell’infrastruttura elettrica cittadina. Tuttavia, come visto per l’elettrificazione del parco veicoli privato, anche nel caso del trasporto pubblico si stanno delineando delle trasformazioni di medio periodo che consentono di pianificare in parallelo l’adeguamento graduale della rete di distribuzione. È comunque auspicabile che vi sia un coordinamento nello sviluppo delle due infrastrutture (teoricamente più agevole da conseguire, rispetto alla ricarica autoveicoli che è demandata a soggetti privati).

 

Conclusioni

Le reti di distribuzione urbane in Italia non rappresentano, in generale, il collo di bottiglia per la diffusione dei veicoli elettrici. Scenari più spinti di elettrificazione potrebbero richiedere l’adozione di modalità “smart” di ricarica, tramite adeguati meccanismi di remunerazione della flessibilità, dal dynamic pricing al controllo diretto dei carichi da parte del distributore, sulla base di contratti “a capacità variabile”, o da parte di un soggetto aggregatore. In assenza di tali meccanismi, sarà inevitabile aggiornare un maggior numero di elementi della rete (trasformatori, cavi). I distributori stanno già adeguando la pianificazione alla luce di questi cambiamenti, ma (come avvenuto per gli impianti fotovoltaici) le tempistiche di adeguamento possono essere ‘lente’ rispetto al tasso di adozione della tecnologia; in ogni caso i costi per adeguamento alla evoluzione del carico ricadranno tramite le tariffe di rete su tutti i clienti (non solo sui proprietari di EV, o di climatizzatori).

Infine, occorre richiamare che gli impatti delle infrastrutture di ricarica si presentano anche in fase di esercizio, e non solo di pianificazione; si può richiamare come esempio l’iniezione in rete di correnti armoniche (dovute agli inverter delle colonnine), che possono causare saturazione dei trasformatori di cabina e disturbi sugli apparati elettronici vicini.

 

 

Bibliografia

[a] S. Besseghini, M. Benini, G. Mauri, P. Girardi: “Analisi del possibile sviluppo del mercato dell’auto elettrica, con attenzione agli aspetti economici e ai punti critici”, L’Energia Elettrica, Novembre-Dicembre 2017.

[b] M. Hogan, C. Kolokathis, A. Jahn: “Treasure hiding in plain sight: launching electric transport with the grid we already have”, Regulatory Assistance Project, January 2018.

[c] F. Lanati, A. Gelmini: “Impatti del dynamicpricing applicato ai consumatori residenziali”, RSE - Energy@Home, 2016, http://www.energy-home.it/SitePages/Activities/Download.aspx?RootFolder=Documents/2016-May%20DynamicPricingBook

[d] EDSO for smart grids: “Smart charging: integrating a large widespread of electric cars in electricity distribution grids”, Marzo 2018

[e] F. Lanati, M. Benini, A. Gelmini: “Impact of the penetration of electric vehicles on the Italian power system: a 2030 scenario”, IEEE Power & Energy Society General Meeting, 2011.

[f] G. Mauri, P. Gramatica, E. Fasciolo, S. Fratti: “Impatto della Ricarica dei Veicoli Elettrici sulle Reti Elettriche della Distribuzione”, convegno AEIT 2011.

[g] G. Mauri, D. Bertini, E. Fasciolo, S. Fratti: “The impact of EV’s fast charging stations on the MV distribution grids of the Milan metropolitan area”, CIRED 2013.

Note

[1]               http://new.abb.com/news/detail/4439/abb-powers-e-mobility-with-launch-of-first-350-kw-high-power-car-charger

[2]               Come si vedrà nel seguito, uno studio RSE ha stimato una percorrenza media giornaliera di 17 km nell’area milanese.

[3]               Una cabina secondaria è l’impianto, equipaggiato con un trasformatore, che effettua la trasformazione dell’energia elettrica da media a bassa tensione, per la consegna ai clienti finali di piccola taglia (es. famiglie, uffici, piccole attività commerciali).

[4]               Per “profilo di ricarica” si intende la ripartizione nelle 24 ore dell’energia necessaria a ricaricare un determinato parco di veicoli elettrici.

 

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